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KANNON

Il Bodhisattva della Compassione

 

 

Questo capitolo è interamente dedicato al commento del dialogo tra il Maestro Ungan ed il Maestro Dōgo Enchi, sull’attività del Bodhisattva Kannon (Avālokiteśvara).[1] In definitiva, si tratta di un in­segnamento sulla natura del Bodhisattva dove sono trattati i rapporti tra quiddità, vacuità, illuminazione e studio della Via.

 

Il Grande Maestro Ungan Mujū[2] fece visita al Mae­stro Sōichi del monte Dōgo,[3] e chiese: “Perché il Bodhisattva Daihi[4] ha tante mani che tengono vari utensili, e ha occhi su ogni dito?” Dōgo rispose: “È come qualcuno a cui di notte cade il cuscino e lo cerca, a tastoni, mentre continua a dormire.” Ungan disse: “Ho capito tutto.” Allora Dōgo chiese: “Cosa hai capito?” E Ungan replicò: “Daihi ha mani e occhi su tutto il corpo.” Dōgo disse: “Hai detto bene, ma hai espresso solo l’ottanta o novanta per cento della realizzazione.” Ungan chiese ancora: “Quello che ho detto è tutto ciò che so. Che cosa vuoi di più?” Allora Dōgo disse: “L’intero cor­po di Daihi è mani e occhi.”[5]

Vi sono molti racconti su questo Kannon che conseguì la Via, ma nessuno può essere paragonato a questo. Qui il Bodhisattva   Daihi equivale a Kanzeon, chiamato talvolta il Bodhisattva  Kanji­zai. Kanzeon è rispettato come il padre e la madre di tutti i Buddha, e per­ciò non è inferiore ai Buddha, come a volte pensa la gente. Kan­zeon ha conseguito il risveglio in un mondo prece­dente, dove era chia­mato Shōbōmyō Nyorai. Alcune scuole bud­dhistiche venerano Kannon, e altre no; molti di coloro che lo fanno, venerano solo la limi­tata idea di uno o due Kannon. Un­gan e Dōgo si riferiscono en­trambi a tutte le manifestazioni di Kannon, e la loro interpreta­zione è quella che do­vremmo se­guire. Essi si occupano degli illimitati aspetti di Kannon, non di concetti come le sue dodici facce o le sue mille mani.

Quando il Maestro Ungan disse: “Perché ha così tante mani e oc­chi?” inten­deva dire un numero incalcolabile; le parole del Mae­stro Dōgo: “La tua risposta non è sufficiente” significano che non do­vremmo mai pensare che qualcosa sia stato totalmente comple­tato o portato a termine. Tenetelo a mente.

Ungan e Dōgo erano i due migliori discepoli di Yaku­san e si conoscevano da più di quarant’anni. Avevano studiato e sviscerato di­verse forme di prassi, antiche e moderne. Ecco perché bisogna considerare con particolare attenzione questo loro dialogo su Kannon. Essi di­scus­sero delle mani e degli occhi di Kannon e, studiando atten­ta­mente le loro parole, forse potremmo impara­re ad utilizzare cor­retta­mente le nostre stesse mani e occhi, a rico­noscerne la funzione, sapere come operano, che cosa sperimen­tano e così via.

Il vero significato di: “È come chi di notte, cerca il cuscino a tastoni, mentre sta ancora dormendo”, è che il Bodhisattva Kannon sta sempre utilizzando le sue mani per abbrac­ciare chiunque, senza discriminazione. L’espressione del Maestro Dōgo è abba­stanza strana, ma dobbiamo comprendere che è solo un esempio. Qui notte ha un si­gnificato speciale che non è relati­vo alla notte che segue il giorno. Dōgo non si riferisce al cerca­re, spingere o tirare il cuscino; questi sono tutti aspetti che appartengono alla discri­minazione. Dovremmo ca­pire, anche, che non c’è di­stinzione tra occhi e notte. L’azione di cercare il cuscino a tastoni non ha limiti. Se c’è l’azione non consa­pe­vole di ri­mettere a posto il cuscino, probabilmente vi è anche l’azione riflessa di cer­carlo dov’era. E la notte stessa ha la sua pro­pria attività.

Questa totale libertà di azione è il mondo di mani e oc­chi, e lì sono riunite tutte le funzioni. Per chiarire questo punto bisogna esami­nare perché il Bodhisattva Daihi ha così tante mani e occhi. Si può dire che questo Bodhisattva sia mani e oc­chi. Come utilizza le mani e gli occhi? Le mani e gli occhi di Kan­non non sono in opposizione agli altri suoi attributi; piuttosto, li utilizza libera­mente perché egli è completamente mani e occhi.[6] È facile capire per­ché affermiamo che il corpo intero di Kannon è mani e oc­chi; mani e occhi non sono limi­tati da nessuna idea di sé, da montagne e fiumi, da Buddha Volto-di-sole e Buddha Volto-di-luna,[7] né dall’idea che la nostra mente è Bud­dha.

Il Maestro Ungan disse: “Ho capito tutto.” Aveva capito la do­manda di Dōgo. “Come usiamo le mani e gli occhi” dovrebbe es­sere compreso come funzione della verità e cioè, la nostra natura ori­ginaria che opera attraverso il corpo per mezzo di mani e occhi. La re­alizzazione di Ungan è una esclamazione della Via del Buddha. Do­vremmo sforzarci di realizzare questo spirito nella nostra vita quoti­diana. Nel chiedere: “Hai capito?” Dōgo stava cercando di eviden­ziare ad Ungan che “La mia comprensione è la tua compren­sione!” Questo metodo è il modo corretto di agire nella prassi la Via del Bud­dha.

Più tardi, molti ritennero che Ungan volesse dire che l’intero corpo di Kannon è, letteralmente, tutto mani e oc­chi; ma si sbagliavano. Anche se il corpo comprendesse il mondo intero, né le mani né gli occhi potrebbero ricoprirlo. L’attività illimi­tata di mani e occhi non è vincolata da nessun tipo di osserva­zione, comportamento, o pa­rola. Mani e occhi sono al di là del numero, come i metodi di proclamazione della Legge per la salvezza degli es­seri senzienti. Né l’uno né l’altro possono essere enu­merati. Questo è l’argomento essenziale di Ungan. Egli voleva mostrare che l’attività di mani e occhi trascende il corpo, e che dovremmo, come Kannon, utilizzare mani e occhi senza discri­minazione o attac­camento.

Quando Dōgo disse a Ungan che la sua risposta era abba­stanza buona ma non del tutto completa, voleva dire che il signifi­cato del Dharma del Buddha non può essere completamente espresso a pa­role. Per poter esprimere l’intera verità sarebbero neces­sarie miliardi di parole; Ungan era talmente progredito da poterne esprimere, solo con l’uso di poche pa­role, l’ottanta o novanta per cento. Anche se è meglio usare miliardi di parole per esprimere la ve­rità piuttosto che non usarne nessuna, il metodo di Ungan è il mi­gliore. Se concordate con coloro che sostengono che l’ottanta o novanta per cento di una ri­sposta non è sufficiente, dovreste com­prendere che, se così fosse, la Via del Buddha non potrebbe essere trasmessa. Anche solo l’ottanta o novanta per cento, contiene in­nu­merevoli signifi­cati.

Abbiamo poi l’affermazione di Ungan: “La mia compren­sione è questa. E la tua?” Ungan approvò il discorso di Dōgo circa l’ottanta o il novanta per cento; questo dialogo contiene non solo pa­role ma nasconde anche un significato più profondo, perciò non pen­sate che Ungan stesse affermando di essere incapace di altre ri­sposte. Dōgo, con la sua risposta: “L’intero corpo è mani e oc­chi” voleva dire che il corpo stesso è mani e occhi. Vale a dire che mani e occhi ope­rano attraverso il corpo e possono essere utilizzati infinitamente. Se, per caso, qualcuno vi chiedesse co­me utilizzare corpo e mente in modo più efficace, potreste forse ri­spondere: “Con una atti­vità onni­comprensiva, con corpo e mente che operano assieme.” Il cor­po completo di Ungan e l’intero corpo di Dōgo comprendono in sé la verità; non dovremmo preoccuparci della differenza tra que­ste due espressioni. La concezione di Kannon espressa dal Buddha Śākyamuni, ha mille mani e occhi, dodici facce, trentatré differenti tipi di corpo[8] e ottantaquattromila forme; ma le concezioni di Ungan e Dōgo hanno un incalcolabile numero di mani e occhi. Ancora, vi è tra esse una piccola diffe­renza. Se abbiamo imparato il significato del Kannon di Ungan e di Dōgo, possiamo vedere che tutti i Bud­dha ma­nifestano l’ottanta o novanta per cento della sua gloria.

 Questo fu trasmesso ai monaci il 26 aprile 1243. Ho deciso di parlare di Kannon perché l’interpretazione di Ungan e di Dōgo su­pera tutte quelle che sono state tramandate, a partire da Śākyamuni.

Il Grande Maestro Yōka Shinkaku,[9] disse: “Kan­non è chia­mato Nyorai, o Kanjizai, perché non gli si può attribuire alcun parti­colare punto di vista – ha sempre un’as­soluta libertà.”  Nyorai e Kannon hanno forme differenti ma la stessa es­senza. Vi è un famoso kōan sulle mani e gli occhi di Kannon, tra Ma­yoku[10] e Rinzai.[11] Esso cerca di mostrare l’illimitata attività delle mani e degli occhi di Kannon. È famoso anche il detto di Ummon:[12] “Osservare le forme per chiarificare la mente, udire i suoni per illu­mi­nare la Via.”

Il Bodhisattva Kanzeon, nella sua essenza reale, vede la no­stra vera forma e sente la nostra vera voce. Tutte le forme e le voci, in questo mondo, sono il Bodhisattva Kanzeon. Vi è poi, anche, que­sto fa­moso detto del Maestro Zen Hyakujō:[13] “Kannon penetra la Ve­rità.”[14]

Entsu Kannon fu uno dei venticinque Bodhisattva  che si ra­du­narono attorno a Śākyamuni, come racconta il Ryoga Sūtra; e nel Sūtra del Loto si cita Fumonjigen Kannon. I Kannon hanno camminato, assieme ai Bud­dha, ovunque su questa terra; dunque questi che sono stati citati sono solo uno o due degli illimitati Kannon.

 

 

 

Trascritto nell’estate del 1244.

 

 

 



[1] Nel Sūtra del Loto è detto che chiunque, soffrendo le molte pene, si rivolga con una mente pura e sincera al Bodhisattva Custode dei Suoni (Avālokiteśvara), da queste pene sarà liberato. Si veda il Sūtra del Loto, pag. 376.

[2] Il Maestro Ungan Donjō (782-841), uno dei successori del Maestro Yakusan Igen. Mujū  Zenji è il suo titolo postumo. [Yün-yen T’an-sheng]

[3] Il Maestro Dōgo  Enchi (769-835), nella linea di trasmissione del Maestro Yakusan Igen. [Tao-wu Yuan-chih]

[4] Daihi Bosatsu, Bodhisattva della Grande Compassione; Kannon, Custode dei Suoni; Kanzeon, Custode dei Suoni del Mondo; e Kanjizai, Libero nella Riflessione, indicano tutti il Bodhisattva Avālokiteśvara.

[5] Dalla “Raccolta della Roccia Blu” del Maestro Engo Kokugon (1063-1135).

[6] E' la condizione all'interno della quale le azioni fisiche e i processi mentali sono armonizzati; non si ostacolano l’un l’altro.

[7] Si dice che un Buddha Volto-di-sole viva nel mondo per 1800 anni, e che un Buddha Volto-di-luna entri nell’estinzione dopo un giorno e una notte.

[8] Si riferisce alle diverse forme che il Bodhisattva Avālokiteśvara può assumere con il corpo, per portare aiuto agli altri. Vedi  Sūtra del Loto, pag. 374.

[9] Il Maestro Yōka Shinkaku (?-713), un successore del Maestro Daikan Enō. Grande Maestro Shinkaku è il suo titolo postumo. Tra i suoi scritti si ricorda lo Shodoka, “Il Canto dell’Immediato Satori”. [Yung-chia Hsuan-chueh]

[10] Il Maestro Mayoku Hōtetsu (?), successore del Maestro Baso Dōitsu. [Ma-ku Pao-ch’e] Mayoku una volta chiese a Rinzai: “Delle migliaia di mani e di occhi del Bodhisattva Kannon, qual è il Vero Occhio?” Rinzai disse: “Delle migliaia di mani e di occhi del Bodhisattva Kannon, qual è il Vero Occhio? Presto, dimmi!  Presto, dimmi!” Allora Mayoku tirò giù Rinzai dalla piattaforma dello zazen e si sedette al suo posto. Rinzai disse: “Non capisco.” Il Maestro si fermò a pensare. Allora Rinzai tirò giù Mayoku dalla piattaforma dello zazen e si sedette al suo posto. Subito Mayoku se ne andò.

[11] Il Maestro Rinzai Gigen (?-867), uno dei successori del Maestro Ōbaku Kiun. Eshō Zenji è il suo titolo postumo. [Lin-chi I-hsüan]

[12] Il Maestro Unmon Bun’en (864-949), nella linea di trasmissione del Maestro Seppō Gison. [Yün-men Wen-yen]

[13] Il Maestro Hyakujō  Ekai (749-814), il successore del Maestro Baso Dōitsu. [Pai-chang Huai-hai]

[14] Un giorno, durante il lavoro nei campi, un monaco che stava rastrellando il terreno, nell’udire il suono del tamburo che annunciava i pasti, buttò a terra il rastrello e, ridendo a più non posso, tornò dritto al monastero. A questo il Maestro esclamò: “Che splendida cosa! È la porta di Kannon alla Verità.” Tornato al tempio, Hyakujō chiamò il monaco e chiese: “Quale verità hai realizzato per comportarti come ti sei comportato?” Il monaco disse: “Avevo fame e così, udendo il suono del tamburo, sono andato a mangiare.” Il Maestro scoppiò in una risata. Dal Keitoku-dento-rōku, “Raccolta della Trasmissione della Torcia dell’Era Keitoku”, vol. 6°.