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KEISEISANSHOKU

Il Suono delle Valli, il Colore delle Montagne

 

 

Nell’Insegnamento del Buddha questo mondo è la verità stessa. Pertanto, la Na­tura non è altro che un aspetto della verità che esprime se stessa ma­nifestando, nel contempo, la legge dell’Universo. Ecco perché si dice che il suono dei fiumi è il Dharma del Buddha e che il colore delle monta­gne ne è il corpo. Nella prima parte di questo capitolo, il Maestro Dōgen parla del rapporto tra studio della Via e illuminazione improvvisa. La seconda parte, invece, investiga la “mente che cerca il Buddha” ed il cor­retto at­teggiamento verso lo studio della Via.

 

Vi sono molti esempi dei diversi metodi utilizzati per trasmettere l’incomparabile Via del Buddha da maestro a disce­polo. Tutte queste narrazioni ci dicono di addestrarci diligente­men­te, di fare del nostro meglio, e di produrre un grande sforzo. Ad esempio Eka che si tagliò un braccio,[1] e il Bodhisattva che si inzaccherò stendendo i suoi ca­pelli nella melma.[2]

Considerando questi esempi, non possiamo addestrarci con compiacenza. Nel raggiungere la liberazione, i ricercatori sfug­gono da tutti gli ostacoli dell’illusione e dell’io individuale e giun­gono così al distacco dai propri limitati punti di vista. È allora che emerge la loro natura reale, il risveglio. Il risveglio realizza se stes­so, senza che ce ne rendia­mo conto. Nessuno lo conosce o se l’aspetta; nemmeno l’Occhio del Buddha può pe­netrarlo, come possono dunque ri­cono­scerlo gli esseri umani?

Vi fu un laico di nome Sotōba,[3] chiamato anche Shisen, che era un famosissimo studioso. Visse durante la grande di­nastia Sung. Egli aveva una profonda comprensione dell’oceano del Dharma, e un alto livello di realizzazione spirituale. Una volta, mentre si stava re­cando in visita al Monte Ro,[4] fu risvegliato alla verità del Buddha nell’udire il suono di un torrente, in una valle fra i monti. Compose allora questi versi:

 

Il suono del torrente nella valle

è la Sua grande lingua,[5]

I colori delle montagne

sono il Suo puro corpo.

Nella notte ho udito gli ottantaquattromila inni

Ma come dirlo alla gente

il giorno dopo?

 

Mostrò poi questi versi al Maestro Zen Jōsō,[6] che riconobbe il suo risveglio. Un giorno Sotōba incontrò il Maestro Zen Buchin Ryōgen,[7] e gli chiese di poter diventare suo allievo. Buchin gli diede allora un kesa e gli impartì i precetti. Sotōba indossò il kesa e iniziò lo studio e l’addestramento. Più tardi Sotōba donò a Buchin un magnifico obi[8] del tipo utilizzato solo dai grandi dignitari. Non lo si poteva ottenere né per denaro né per prestigio. La gente di quel tempo elogiò sia i versi di Sotōba sia il suo regalo al Maestro. La sua fama è tuttora molto grande, e la maggior parte della gente pensa che non potrà mai raggiungere il livello di Sotōba.

La capacità intuitiva di Sotōba gli permise di giungere al ri­sveglio udendo il torrente nella valle, e il suo esempio è molto istruttivo. È un vero peccato che dai tempi antichi fino ad oggi, vi siano persone che non comprendono che l’Universo proclama il reale corpo del Buddha; sono da compiangere.

Cosa vedono guardando una montagna? E cosa sentono ascol­tando un torrente nella valle? Sentono un solo suono invece degli ottantaquattromila inni? È deplorevole che molti apprezzino solo gli aspetti superficiali di suono e colore. Essi non possono né per­cepire né sperimentare la figura, la forma e la voce del Buddha, in un paesaggio; essi non avranno mai l’opportunità di cogliere la magnifica Via del Buddha. Monta­gne e fiumi che senza sosta proclamano la Legge, ed i colori delle montagne che ne manifestano il puro corpo – questa è vita illimitata. La gente, non riuscendo a sperimentare ciò, pensa che quando le montagne si vedono siano vi­cine, mentre quando sono nascoste siano lontane. Tut­tavia il loro ap­parire o essere nascosto, e la loro vicinanza, sono relativi e trascendono ogni nostra discriminazione.

Fin dall’inizio, primavera, temporali, montagne e fiumi non sono mai stati separati; è impossibile percepirli in modo indipen­dente. Non si può separare il tempo da montagne e fiumi. I ricercatori della Via dovrebbero studiare questo verso: “Le montagne scorrono, i fiumi sono fermi.”

Sotōba studiò sotto il Maestro Jōsō[9] l’insegnamento: “Gli og­getti inanimati proclamano la Legge.”[10] Quando Sotōba ricevette que­sto kōan[11] per la prima volta, non possedeva la sufficiente pene­tra­zione e non poteva capirlo. La notte dopo però, nell’ascoltare il suono del torrente, fu come se questo suono rimbal­zasse attraverso le mon­tagne con una forza tale da raggiungere il cielo. Sentendo questo suono Sotōba si risvegliò. Ciò fu dovuto al suono o all’insegnamento del suo Maestro? Forse l’insegnamento di Jōsō e il suono del tor­rente sono mescolati as­sieme. L’acqua, attraverso il suo suono, pro­clama la Legge: og­gettività e soggettività sono unificate. È in que­sta unità il risve­glio di Sotōba? Montagne e fiumi manifestano la Via del Buddha? Solo quando la vostra mente sarà lim­pida, potrete sperimentare suono e colore che pro­clamano l’insegnamento di montagne e fiumi.

Molto tempo fa, il Maestro Zen Kyōgen Chikan[12] si addestrò nella sala di meditazione del Maestro Zen Dai-e Daien.[13] In diverse oc­casioni Dai-e chiese a Kyōgen: “In fatto di sūtra siete un’autorità. Per favore spiegatemi il sé che esisteva prima che nascessero i vostri genitori,[14] ma senza ricor­rere ad interpretazioni o citazioni di brani dai commentari.” Kyōgen non fu capace di dare una pronta risposta. Si vergognò molto e consultò i suoi libri e commentari, ma non riuscì a tro­vare la giusta risposta. Per la sua mancanza di preparazione si rammaricò a tal punto che bruciò tutti i suoi libri e disse: “Una torta di riso dipinta non può certo placare la fame.[15] In questa vita non desidero più l’illuminazione. D’ora in avanti non sarò altro che un monaco che la­vora in cucina e che serve il riso.”

Dopo questo fatto, passò molti anni a lavorare come inser­viente in cucina, portando e servendo i pasti agli altri mo­naci. Lavorò così per molto tempo, accumulando meriti. Un giorno disse a Dai-i: “Non sono altro che un sempliciotto. Ho passato anni a cercare la Via e ancora non riesco a trovarla. Vi prego, Maestro, ditemi una parola che mi conduca alla Via.” Dai-e gli disse: “Posso dirti una parola ma, se lo faccio, in segui­to te ne risentirai.”

Passarono ancora molti anni e Kyōgen si trasferì sul monte Būto, dove viveva il Maestro Nazionale Daishō,[16] si costruì un pic­colo ritiro e vi piantò dei bambù che divennero i suoi unici com­pagni. Un giorno, mentre stava spazzando il sen­tiero, colpì acciden­talmente un pezzo di tegola che andò ad urta­re un bambù. Il suono della tegola contro il bambù gli provocò un grande risveglio. Purificò allora il suo corpo con un bagno, bruciò dell’incenso e si prostrò in direzione del monte Dai-e. Si ricordò della sua vita trascorsa e disse: “Venerabile Maestro! Se aveste dato risposta alla mia stupida do­manda non avrei mai raggiunto questo risveglio. La vostra profonda com­passione è senza limiti e supera la gratitudine che si ha per i pro­pri genitori. Con cuore sincero ora vi dimostro il mio grande ri­spetto e stima.” Com­pose poi questi versi:

 

Nel momento in cui la tegola ha colpito il bambù, ho get­tato via tutta la mia conoscenza dei sūtra. La mia saggezza va au­mentando sempre più perché non vi è nulla nella mia mente a cui qualcosa possa attaccarsi. Semplicemente mi muovo nella mia Via originaria. Il mio agire quotidiano consiste nel manife­stare la Via del Buddha originaria. Questa Via è libera e dinamica. Le mie azioni non lasciano traccia; questa è la vera Via del Buddha. Le persone il­lumi­nate di ogni parte del mondo, possono ora chiamarmi ‘Uomo del Non Attaccamento’.”


Egli presentò poi questi versi a Dai-e che li lodò, e disse: “Hai conseguito la Via.”

Il Maestro Zen Reiun Shigon[17] si esercitò nello studio della Via per più di trent’anni. Un giorno, mentre era in cammino verso un’altra montagna, si fermò ai piedi di una collina per riposare. Vide in lontananza un villaggio. Si era nel pieno della primavera e tutto intorno era un fiorire di peschi. Vedendo ciò, im­provvisamente conseguì la Via e subito compose questo gāthā:

 

Per più di trent’anni ho cercato

l’uomo che possiede la spada del risveglio;

Molte volte i fiori sono caduti

e sono apparsi nuovi germogli.

Oggi ho visto lo sbocciare dei fiori di pesco

ed ho raggiunto la Via,

grazie alla compassione del Grande Maestro Dai-e.


Dai-e, dopo averlo letto disse: “Il profondo legame tra di noi non potrà mai essere sciolto.” Dai-e riconobbe il risveglio di Reiun e gli conferì il sigillo della corretta trasmissione. Per conse­guire la Via è necessario avere un simile profondo le­game. Una volta raggiunto un tale livello non potete più sbaraz­zarvi del vostro risve­glio. Questo non è valido solo per Reiun Shi­gon. Egli ha ereditato la Via del suo Mae­stro; quando mai sarebbe potuto avvenire ciò, se le forme delle mon­tagne non fossero il puro corpo-di-Buddha?

Una volta un monaco chiese al Maestro Zen Chōsa Kei­shin:[18] “Come possiamo possedere montagne, fiumi e terra, come se fos­sero nostri?” In risposta Chōsa disse: “Come possiamo ritornare a montagne, fiumi e terra?” Questa risposta significa che quando non consideriamo noi stessi come qualcosa d’altro, ed esi­stiamo veramente nella nostra propria reale natura, allora non vi è nulla di sba­gliato se affermiamo di essere montagne, fiumi e terra.

Il Grande Maestro Zen Kōshō Ekaku,[19] del monte Roya, era nella linea di trasmissione di Nangaku Ejō.[20] Un giorno Shisen,[21] che era un espositore di sūtra, chiese ad Ekaku: “Come può la nostra na­tura originaria essere montagne, fiumi e terra?” Ekaku rispose con questa domanda: “Come in­terpreti montagne, fiumi e terra? Vi è una qualche differenza tra la nostra pura natura originaria e l’impura con­dizione di monta­gne, fiumi e terra?” Qui dobbiamo comprendere che la vera forma di montagne, fiumi e terra, nella loro condizione origi­na­ria, differisce dalla loro esistenza come fenomeni naturali. Se vi li­mitate a studiare i sūtra non incontrerete mai una tale interpre­ta­zione e così non scoprirete mai la vera natura di montagne, fiumi e terra.

Gli studenti dovrebbero comprendere che la trasmissione del Buddha a Kāśyapa, o da Bodhidharma a Eka, non avrebbe potuto avvenire se essi non fossero stati risvegliati circa la vera forma delle montagne o sul reale suono del torrente nella valle.

Vi furono dei precursori come Śākyamuni che, ve­dendo la stella del mattino, conseguirono il risveglio; altri Bud­dha sco­prirono la verità vedendo una montagna oppure sen­tendo il suono di un torrente. Que­ste persone avevano una de­termina­zione estremamente forte nel cer­care la verità. Dovremmo se­guire l’esempio dei nostri predecessori e non curarci di fama e di ricchezza. In questa terra remota[22] i veri ricer­catori sono rari e i buoni maestri ancora più rari. Ab­biamo delle per­sone che diventano monaci ma che poi utilizzano la Via del Buddha per acquisire fama e ricchezza.

È certamente triste e deplorevole sprecare il nostro tempo prezioso inseguendo scopi insignificanti. Conseguire il risveglio è la­sciare questo mondo di vanità. Nell’incontrare un vero maestro, la mag­gior parte della gente non chiede nemmeno: “Cos’è la verità?” Śākyamuni diceva che queste persone erano da commiserare perché nelle loro esistenze passate avevano prodot­to un cattivo karma e non erano ancora in grado di ricercare la verità senza altro scopo. Queste persone dubitano della verità anche quando si con­frontano con essa, e non riescono a seguire il giusto insegnamento. Costoro, poiché non sono riusciti a comprendere che corpo e mente nascono dalla verità, non possono ricevere o manifestare la verità.

La Via del Buddha è stata trasmessa per anni da Pa­triarca a Patriarca. Ai giorni nostri, tuttavia, quando parlo ai monaci della mente che ricerca il risveglio dei Patriarchi, è co­me se raccontassi di un sogno di tanto tempo fa. È un pec­cato vivere su una montagna di tesori e non poterla vedere. Ma svi­luppando la mente che cerca il risveglio, ogni cosa diviene la prassi del risveglio stesso, anche se siamo nel mezzo dei vari mondi di samsāra.[23] Anche se avete già perso molto tempo non importa; è ancora possibile, nell’arco di questa vita, che svilup­piate una mente rivolta al risveglio. Dovete desiderare di udire il vero insegnamento assieme a tutti gli esseri senzienti, sia in questo mondo sia nel prossimo. Nell’udirlo, credeteci senza dubbio alcuno. Non appena sarete a confronto con il vero insegnamento po­tete accettare la Via del Buddha senza errore e portare a termine la vostra prassi, assieme a tutti gli esseri sen­zienti. Se sviluppiamo que­sta attitudine essa sarà l’origine della nostra mente che cerca il Bud­dha.[24] Non siate mai indolenti.

Questa terra è lontana dall’India e dalla Cina e la gente non ha la mente adatta alla ricerca della Via. È molto difficile trovare chi desideri studiare il vero Insegnamento del Buddha. In tutta la no­stra storia saggi ed esseri risvegliati sono abbastanza rari. Se cer­chiamo di spiegare la mente che cerca il Buddha, la gente chiude gli occhi e le orecchie, e rifugge la verità. Essi non hanno al­cuna capacità introspettiva, hanno solo risenti­mento. Nello studiare con una mente adatta al risveglio, non rivelatelo ad altri ma tene­telo nascosto e non parlatene mai.

Poiché di questi tempi i ricercatori della verità sono po­chi, la maggioranza non si addestra mai e non raggiunge il risveglio, ma de­sidera solo elogi per la propria prassi e saggezza. Questa è illu­sione in mezzo all’illusione. Dovete troncare immediata­mente que­sta mente corrotta. Quando studiate il Dharma, se incontrate qualche dif­ficoltà ad una facile comprensione, è perché non avete una forte determinazione nel trovare il vero insegnamento. Questa forte determi­nazione è stata dapprima risvegliata e poi tra­smessa da ogni Pa­triarca; essa é stata trasmessa come luce infinita del Buddha e come mente-di-Buddha.

C’è sempre stato, dai tempi di Śākyamuni fino ad oggi, chi pensa che studiare la Via sia un modo per guada­gnare fama e ric­chezza. Ma anche queste persone fuorviate pos­sono percorrere la Via se fanno ammenda delle loro azioni e se­guono un vero maestro. Nello studio del Dharma gli errori a volte capitano, ma possono essere supe­rati. In passato, alcuni hanno imparato da un anziano e rispettato in­segnante, mentre altri hanno diffamato questi insegnanti della vera Legge, non hanno mai studiato e sono divenuti dèmoni. Comunque, le persone di oggi non si interessano né di studiare né di non stu­diare; sono apatiche. Non comprendono che la loro vita sarà distrutta dai tre veleni.[25] Sebbene queste persone siano nate come esseri umani, cosa che é difficile da ottenere, non hanno alcun inte­resse per la Via del Buddha. È difficile sviluppare la mente che cerca il Buddha, e una volta arrivati a ciò non dovreste mai abbandonare questa vo­stra deci­sione iniziale. Fin dall’inizio, non cercate la Via per ricevere elogi da altri; troncate il desiderio di fama e ricchezza. Votatevi alla prassi della Via del Buddha, completamente. Non aspettatevi di ricevere fama e denaro dal Bud­dha, né riconoscimenti da parte di re e ministri, né prosperità. È vero che in passato certi monaci hanno ricevuto un trat­tamento speciale da parte di re e ministri, ma certo quei monaci non avevano mai cercato né desiderato ciò.

Un ricercatore della Via non dovrebbe mai aspettarsi di ri­cevere onore o prosperità né dagli uomini né dagli dèi, poiché queste cose diventano catene. Solamente gli stupidi gioi­scono nel pregustare la prosperità che sperano di ricevere. Questi fraintendono gli effetti del Dharma e dimenti­cano per strada sia la loro mente che cerca il Bud­dha, sia la loro originaria determinazione. Se poi re e ministri cre­dono fer­mamente nei loro insegnamenti, questi stupidi monaci ritengono di aver completato la Via del Buddha. In realtà, é di grande ostacolo alla prassi che re e ministri diventino devoti credenti. E non dovete nemmeno trascu­rare di vergognarvi di contare su re e ministri: non gioite della loro stima.

Anche ai tempi del Buddha Śākyamuni, i saggi ammoni­vano in questo modo quegli stupidi che diffamavano la Via. Non seguiamo l’esempio di chi ha perso la determinazione di adde­strarsi frequentando la gente comune, i seguaci dell’Hīnayāna, o i re. E' causa dei monaci stessi la perdita dell’addestramento, ciò non è per la superiorità delle altre dottrine, né per qualche carenza della prajñā.[26]

Quando Bodhidharma venne dall’India alla Cina e sog­giornò a Shorinji, sul monte Sūzan, trovò che né l’Imperatore Bu di Ryo, né il Re di Gi conoscevano lo spirito fondamen­tale del Dharma del Buddha. Più o meno nello stesso periodo, vi erano due persone simili a Bodairushi e Kotorishi,[27] che erano  pressoché dei cani. Spinti dalla loro falsa rispettabilità e da intenzioni malevo­le, tentarono di impedire che il vero insegnamento prevalesse in tutte le parti del mondo. Questi non volevano che la loro predica­zione fosse ostaco­lata e così calunniarono il vero insegnamento. I loro sforzi eb­bero sul mondo un effetto deleterio. Fu un danno maggiore di quello che Devadatta[28] causò al tempo del Buddha Śākyamuni. È molto triste che tali per­sone amassero quella fama e fortuna che Bo­dhidharma disprezzava ben più degli escrementi. Il fatto che esistano persone simili, non é dovuto alla debolezza del potere della Via del Buddha. Sappiamo che vi sono cani che abbaiano alle perso­ne oneste. Non preoccupatevi di questi cani che ab­baiano, ma nemmeno risentitevi.

È meglio dire loro: “Bestie! Risvegliate la vostra mente che cerca il Buddha!” Uno dei nostri saggi predecessori ha detto che tutti coloro che calunniano la vera Legge sono bestie con una faccia umana. Tuttavia, anche tra queste bestie ci sarà qualcu­no che infine professerà il vero Dharma. Il Buddha Śākyamuni ha detto: “Evitate re, principi, ministri, alti ufficiali, brahmāni e devoti laici.” Questo é molto importante. Più a lungo si addestreranno i monaci, più pro­fonda sarà la comprensione di questo precetto.

Si dice che, nei tempi antichi, Indra venne giù dal cielo per indagare sulla determinazione dei devoti e che Mara, il principe delle tenebre, cercò di disturbare la loro prassi. Ciò succede solo quando i seguaci non riescono ad eliminare il desi­derio di fama e ric­chezza. Possedendo una profonda compas­sione e un forte desiderio di sal­vare tutti gli esseri senzienti, allora il desiderio di fama e ric­chezza non può sorgere.

Lo sforzo posto nella prassi aiuta la Via del Buddha ad espandersi nel paese. Sebbene questi sforzi producano un buon karma, é più importante che, nel nostro più intimo essere, compren­diamo e sperimentiamo lo spirito fondamentale della Via. Certuni sono ciechi a questo approccio e sono pieni di risentimento. Questi stupidi che de­ridono il vero insegnamento sono come cani che mor­dono ossi secchi, e le loro azioni sono prive di si­gnificato. Saggi ed esseri risvegliati tengono in considerazione le loro critiche alla stessa stregua in cui gli esseri umani tengono in considerazione gli escre­menti.

La profondità della Via del Buddha non può essere mi­su­rata coi ragionamenti o con le congetture di un novizio. Solo chi ha colto la meta ultima del risveglio può penetrare il significato della Via. La nostra prassi dovrebbe essere basata su quella dei nostri pre­decessori. Solo allora potremo salire l’erta Via del Buddha e traver­sare il tempe­stoso mare della vita. Se cercherete sinceramente il mae­stro giusto, alla fine lo troverete. Allora egli vi guiderà sia nel corpo che nella mente, attraverso le condizioni del vivere e del non-vivere, dell’essere e del non-essere.

 È naturale ascoltare con l’orecchio, ma é anche possibile udire at­traverso l’occhio.[29] Quando incontrerete il Bud­dha, lo ve­drete in voi stessi e negli altri. All’apparire di un grande Buddha, non siate né sorpresi né spaven­tati, o dubbiosi dell’esistenza di un piccolo Bud­dha. Queste diverse forme del Buddha sono nel suono di un torrente o nel colore delle montagne. Quando comprenderete ciò, saranno into­nati gli ottantaquattromila inni, la comple­ta libertà sarà raggiunta e sarà realizzata la grande illu­mina­zione.

Nell’alzare gli occhi, la vostra visuale si estende senza li­miti, come una roccia inamovibile.”[30]

Un altro esempio. Le verdi fronde di un pino in prima­vera o la bellezza di un crisantemo in autunno sono la reale forma della ve­rità. Quando un vero maestro raggiunge questo li­vello di illumina­zione, egli insegna agli uomini e agli  dèi; ma se cercate di indirizzare la gente senza aver prima ottenuto il risveglio, non vi sarà altro che op­posizione. Non conoscendo la reale forma di un pino in primavera o di un crisantemo in autunno, come potre­te mai trovare il vero signifi­cato della loro esistenza? Come potete penetrare il vostro essere ori­ginale?

Se siete fisicamente e mentalmente pigri e privi di fede, do­vete pentirvi di fronte al Buddha e mostrare la vostra più seria de­ter­minazione. Il potere del pentimento purifica la mente, incrementa la nostra fede e fortifica l’attitudine alla prassi. Quando la pura fede é manifestata, cessa la discriminazione tra sé e gli altri e nasce equa­ni­mità e armonia. Si manifesta an­che la grande compassione del Bud­dha e la nostra virtù influisce su tutti gli esseri viventi e non-vi­venti, e reca loro giovamento. Una formula generale di pentimento é questa:

 

O Buddha e Patriarchi, illuminati dalla Via, abbiate com­passione e concedetemi di liberarmi da ogni cattivo karma e da ogni azione malvagia commessa in passato. Rimuo­vete ogni ostacolo dal mio studio del Dharma. La virtù della Via riempie il mondo intero; abbiate compassione di me e ricordate che tutti i Buddha e i Patriar­chi hanno condiviso la mia condizione. Faccio voto di seguire la vera Via, cosicché anch’io possa essere un Buddha.”

 

Rispettando i Buddha, diveniamo come loro; non vi é diffe­renza tra la nostra determinazione e la loro. Perché la compassione possa fluire ovunque, è necessario sapere quando e dove applicarla. Ryūge,[31] ha detto: “Se non c’é stato risveglio nelle nostre esi­stenze pas­sate, dobbiamo raggiungerlo in questa. I nostri predeces­sori, prima di essere illuminati, erano esattamente come noi; di conseguenza, rag­giungendo il risveglio, saremo uniti ai Buddha e ai Patriarchi.”

Se ci pentiamo, certo avremo l’aiuto del Buddha, anche se non possiamo percepirlo. Concentrate i vostri pen­sieri, rafforzate il corpo, vuotate la mente, prostratevi e rivelate ogni colpa e ogni cat­tivo comportamento passato. Il potere del pentimento rimuove ogni colpa. Questa é la pura e cor­retta prassi, questa é la vera fede manife­stata nel vostro corpo. Allora potrete udire gli ottantaquattromila inni di lode provenire dal torrente e dalle mon­tagne. Se vi pentite davanti al Buddha, invece di rimuginare sulla vostra mancanza di fama e di ricchezza, il torrente e le mont­agne non smetteranno mai di inse­gnarvi la Via. Tuttavia, sia che il suono del torrente e il colore delle monta­gne vi manife­stino gli ottantaquattromila inni di lode o no, pure, essi esistono. Non si sentono solo di notte. Se non abbiamo la mente adatta alla prassi e manchiamo del potere della verità, come possiamo sco­prire l’unità del suono del torrente, del colore delle montagne e di noi stessi?

 

 

Questo fu detto ai monaci nel Kannondōri-Koshōhōrinji, il quinto giorno dopo il periodo di addestramento dell’anno 1240.

Ri­copiato dal discepolo principale Ejō, nel Koshōhōrinji, il giorno del­l’anniversario della nascita del Buddha, nell’anno 1243.

Rico­piato ancora, l’11 giugno 1275.

 

 



[1] Si veda il cap. 16, Gyōji.

[2] In un’esistenza passata, quando era ancora un Bodhisattva, il Buddha stese a terra i suoi lunghi capelli affinché il suo Maestro, il Buddha Dīpamkara, potesse attraversare una pozzanghera senza bagnarsi i piedi.

[3] Sotōba (1036-1101), un famoso poeta cinese.

[4] Un monte nel Lushan, una regione della Cina, famosa per i suoi magnifici scenari.

[5] Uno dei trentadue segni di distinzione del Buddha.

[6] Il Maestro Tōrin Jōsō (1025-1091), uno dei successori del Maestro Ōryū Enan [Tung-lin Ch’ang-tsung]

[7] Il Maestro Butsu-in Ryōgen (1032-1098).

[8] Una specie di sciarpa.

[9] Il Maestro Tōrin Jōsō (1025-1091), uno dei successori del Maestro Ōryū Enan [Tung-lin Ch’ang-tsung]

[10] Un monaco una volta chiese al Maestro Tōrin: “Il non emozionale proclama il Dharma?” “Continuamente” rispose il Maestro. Si veda il cap. 46, Mujō-seppō.

[11] Kōan, è l’abbreviazione di Kofu Antoku, che era in origine il nome di una tavola su cui erano affisse le nuove leggi ufficiali, in Cina. Si veda il cap. 1, Gen-jōkōan.

[12] Il Maestro Kyōgen Chikan (?-898), uno dei successori del Maestro Isan Reiyū. [Hsiang-yen Chih-hsien]

[13] Il Maestro Isan Reiyū (771-853), successore del Maestro Hyakujō Ekai. Il suo titolo postumo è Daien Zenji. Noto anche come Daii. [Kuei-shan Ling-yu]

[14] Cioè, su una base di realtà, la quale trascende passato, presente e futuro.

[15] Si veda il cap. 24, Gabyō.

[16] Il Maestro Nan’yō Echū (?-775), successore del sesto Patriarca, il Maestro Daikan Enō. Maestro Nazionale Daishō era il suo nome quale insegnante dell’Impe- ratore. [Nan-yang Hui-chung]

[17] Il Maestro Reiun Shigon (?), uno dei successori del Maestro Isan Reiyū (771-853). [Ling-yün Chih-ch’in]

[18] Il Maestro Chōsa Keishin (?-868), un successore del Maestro Nansen Fugan. [Chang-sha Ching-ts’en]

[19] Il Maestro Rōya Ekaku (?), nella linea di trasmissione del Maestro Rinzai Gigen. [Lang-yeh Hui-chüeh]

[20] Il Maestro Nangaku Ejō (677-744), uno dei successori del Maestro Daikan Enō. [Nan-yüeh Huai-jang]

[21] Chosui Shisen (984-1038), uno studente della scuola Kegon.

[22] Il Giappone.

[23] L’erranza di esistenza in esistenza, il ciclo delle rinascite.

[24] Si veda il cap. 63, Hotsumujōshin.

[25] I tre veleni sono: desiderio (passione, brama), collera (rabbia, odio), ignoranza (illusione).

[26] Una delle sei pārāmita o perfezioni. Si tratta della conoscenza trascendente, la forma più alta e completa di conoscenza non-concettuale.

[27] Due studenti ai tempi di Śākyamuni.

[28] Devadatta era un cugino del Buddha che era divenuto monaco ma che, più tardi, si ribellò al Buddha e cercò di dividere il Samgha.

[29] Udire attraverso l’occhio indica la percezione intuitiva, legata al sorgere della prajñā.

[30] A proposito di ciò, il Maestro Nyojō disse: “Un cielo illimitato è illimitatamente colmato.”

[31] Il Maestro Ryūge Kodon (835-923), uno dei successori del Maestro Tōzan Ryōkai. [Lung-ya Chü-tun]