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HENZAN

Studio Diretto Sotto Un Maestro

 

 

Letteralmente il titolo significa studiare estesamente, o anche esplorazione completa. È questo il senso profondo del ricercare e ricevere l’istruzione diretta, da parte un maestro. Non si tratta tanto di girovagare da un monastero all’altro, quanto piuttosto di approfondire ed esaurire lo studio sotto un maestro, attraverso lo zazen.

 

La grande Via dei Buddha e dei Patriarchi è fare l’esperienza dello scopo ultimo dello studio; nessun laccio può sorgere sotto i nostri pidi, solo le nuvole ap­paiono.[1] Tuttavia, pur potendo affermare ciò, come dice il Maestro Tōzan:[2] “Quando un fiore sboccia l’intero mondo sorge, e noi siamo sempre sulla Via.” Allo stesso modo, perfino la buccia di un melone è dolce, mentre una zucca amara è amara fino alle radici; il dolce è dolce, l’amaro è amaro. Ecco ciò che dobbiamo investigare.

Una volta, il Grande Maestro Gensha Sōitsu[3] venne chia­mato dal suo Maestro Seppō,[4] che gli chiese: “Perché non prosegui nel visitare altri maestri?” Gensha rispose: “Bodhidharma non è ve­nuto in Cina e il secondo Patriarca non è andato in In­dia.” Seppō elo­giò la risposta.

Il principio che sta dietro alla domanda di Gensha, circa il visi­tare altri maestri, è diverso dal significato delle paro­le e non vi è niente di speciale; in buona sostanza, non vi è differenza di rango tra i di­versi maestri.

Quando il Maestro Zen Nangaku Dai-e[5] incontrò per la prima volta l’antico Buddha Sōkei,[6] questi gli chiese: “Da dove vieni?” Dai-e non seppe che dire e passò otto anni a cer­care la risposta a questa domanda. Infine, dopo che si fu così addestrato sotto il suo maestro, si prostrò davanti all’antico Bud­dha e disse: “Quando venni qui per la prima volta mi chiedesti da dove venivo. Ora comprendo il vero scopo delle tue parole.”

L’antico Buddha Sōkei chiese: “Cosa hai chia­rito?” Dai-e rispose: “Non posso spiegarlo a pa­role.[7] È quello che ho imparato.” Questa è la rea­lizzazione degli otto anni di studio di Dai-e, sotto un maestro. Sōkei chiese: “Perché cerchiamo prassi e illuminazione?”  Dai-e rispose: “Prassi e illuminazione non sono non-qui, ma non possono essere ottenute se sussiste qualche impu­rità.” Sōkei allora disse: “Io sono così, tu sei così e così sono tutti i Buddha e i Patriarchi.” Dopo questo episodio, Nangaku perfezionò la sua prassi per altri otto anni e quindi, in tutto, studiò per più di quindici anni; ep­pure, perfino il suo primo incontro con Eno fu esplorazione completa.

Non si può conseguire a parole”, schiude la porta per incontrare tutti i Buddha e i Patriarchi, vale a dire per addestrarsi sotto un maestro Zen. Entrare in monastero non richiede necessariamente innume­revoli kalpa.[8] Colui che ha molto tempo libero, e va e viene di fre­quente, non conseguirà mai la vera prassi sotto un maestro. Non an­dare e venire è la completa vi­sione illuminata, ed è il totale consegui­mento dello stu­diare sotto un maestro. Anche percepire il volto originario del maestro è esplorazione completa. L’essenza della domanda di Seppō sul visitare altri maestri, fonda­mentalmente, non ha a che fare con il recarsi su altre montagne, a nord o a sud.

La risposta di Gensha: “Bodhidharma non è venuto in Cina e il secondo Patriarca non è andato in India” sviluppa questa do­manda. La frase: “Bodhidharma non è venuto in Cina” non ha a che fare con venire o con non venire. Questo è il principio della gran­de, incommensurabile terra.

La linfa vitale di Bodhidharma pervade ogni luogo. E anche se tutti, in Cina, avessero studiato sotto di lui, ancora non si potrebbe affermare che Bodhi­dharma venne in oriente, o che andò in occi­dente. Dunque, non venire in Cina è venire liberamente. In oriente possiamo vedere i volti dei Buddha e dei Patriar­chi, ma ciò non significa che essi ‘vennero’ in Cina. Con­seguite la mente dei Buddha e dei Patriarchi attraverso il ‘non venire’, ma non smar­rite la loro essenza attraverso il ‘venire’.

Generalmente, la terra non ha un oriente né un oc­ci­dente, e non c’è nemmeno un luogo in cui esistano l’est e l’ovest. Dal mo­mento che il secondo Pa­triarca non andò in occidente, non è per noi neces­sario trasferirci là per studiare. Se il secondo Patriarca fosse an­dato in India, avrebbe perso an­che l’altro braccio e la Via del Buddha non sarebbe stata trasmessa. Per questo non ci andò. Dal momento che era balzato nell’illuminata visione di Bodhidharma, non aveva necessità di soggior­nare in occidente. Se non aves­se posseduto l’occhio il­luminato del suo inse­gnante, egli certamente avrebbe dovuto soggiornare in occidente. L’esplorazione completa, vero studio sotto un vero maestro, è strap­pare via l’occhio illuminato di Bodhidharma, non è andare in occi­dente o ve­nire in oriente. Allo stes­so modo, andare sul monte Tendai, sul Nan­gaku o sul Godai non è esplorazione completa. Se non tra­scendiamo il mondo dei quattro oceani e dei cinque laghi[9] non possiamo realizzare l’esplorazione completa. Se ci mettiamo sul cammino sba­gliato e non co­gliamo la completa esplorazione, perdiamo la Via.

Tutte le cose, nelle dieci direzioni dell’intero Universo, hanno una forma reale e un vero corpo; lo studio di tale forma e corpo è esplorazione completa. Perciò pos­siamo ritrovare l’esplorazione completa nelle parole: “Bodhi­dharma non è venuto in Cina e il secondo Patriarca non è andato in India.” Esplorazione completa significa: “Una grande pietra è grande, una pic­cola pietra è piccola.”  Pietra, è pietra e nient’altro; grande è grande, piccolo è pic­colo. Se ogni volta che guardate una pietra la vedete di­versa, questo non è esplorazione completa. Essere capaci di accettare una parola, o mezza parola, da un vero maestro è chiarire se stessi. Questo è esplorazione completa, o illimitato non-attaccamento. Per esempio Dachi, un al­lievo di Baso, nel porre una qualsiasi domanda era solito battere un colpo per terra; questo è esplorazione completa. Se il monaco colpisce il terreno, poi l’aria, e poi in tutte le dire­zioni, questo non è esplorazione completa. Il monaco Gutei[10] fece visita a Tenryū[11] e quando il Maestro sollevò un dito, Gutei conseguì il risveglio. Questa è vera esplorazione completa; da quella volta Gutei, ponendo una domanda, alzò sempre un dito.

Una volta Gensha,[12] rivolto ad un’assemblea di monaci, disse: “Śākyamuni e io abbiamo studiato insieme.” Un mona­co domandò: “Non è un poco strano? Chi era il maestro a quell’epoca?” Gensha rispose: “Shasaburo, il pescatore.”[13]

In tal senso possiamo affermare che Śākyamuni e Gensha studiarono insieme. Questo è il principio di studiare estesamente. Dal momento che Śākyamuni e Gensha studiarono assieme, entrambi possono es­sere chia­mati antichi Buddha. Gensha studiò con Śākyamuni, perciò è conosciuto come suo discendente. Dob­biamo chiarire minuziosa­mente questo principio. Inoltre, è necessario chiarire l’essenza di “Shasa­buro, il pescatore.” Qui, il punto essenziale è che Śākyamuni e Gensha studiarono assieme, nello stes­so momento.

Dobbiamo chiederci se Shasaburo vide o no il vecchio Maestro Gensha, oppure se il calvo Gensha vide Shasaburo salire sulla barca da pesca. Dobbiamo chiarire se essi si videro l’un l’altro, o no. Gensha e Śākyamuni si incontrarono e si scambiarono una completa esplorazione. Sha­saburo e io ci siamo visti ed incon­trati; dobbiamo scovare il princi­pio che sta dietro a tutto ciò, e scambiarci una completa esplorazione. Incontrare e vedere se stessi è il principio della completa esplorazione; se tale principio non compare, non pos­siamo vedere noi stessi. Non vedendo noi stessi, non siamo capaci di vedere gli altri; en­trambi gli aspetti sono in sé insufficienti. Se non siamo capaci di vedere gli altri non pos­siamo vedere noi stessi. In tal caso non possiamo indirizzare gli altri, né avere una visione illumi­nata; non possiamo pescare per noi stessi e nemmeno otte­nere il risveglio. Il conseguimento completo dell’esplorazione completa è possibile solo se ne siamo del tutto distac­cati.

L’oceano si prosciuga e non possiamo ve­derne il fondo.” “La gente muore, ma la mente non trapassa.” Si prosciuga significa che l’intero oce­ano si prosciuga completamente ma, nondimeno, se non si prosciuga non pos­siamo vederne il fondo. Trapassa o non trapassa è indipen­dente dalla mente umana. Quando una persona muore, la mente non trapassa. Quando la morte viene, è morte com­pleta; di conseguenza l’intera persona è mente, e la totalità della mente è la persona. Così dobbiamo investigare e chiarire questi rapporti, da ogni angolazione.

Il vecchio Buddha Tendō, mio defunto Mae­stro, un giorno fu pregato di istruire un gruppo di anziani che avevano già studiato sotto uno stes­so maestro. Egli, salito sulla piatta­forma, disse: “La grande Via non ha porta. Eppure, prendendo la strada della vacu­ità universale, siete venuti da tutte le direzioni per entrare nel cuore di Seiryōji. In effetti, stiamo dando il ben­venuto ad un branco di ladri e di ruffiani, seguaci di Rinzai. È come una dolce brezza primaverile che segue un tremendo ura­gano che ha scosso la terra. Questa brezza stu­pisce i fiori d’albi­cocco nel momento in cui i loro petali cremisi fluttuano verso terra.”

Questo fu il discorso tenuto dal mio de­funto Maestro Tendō, un vecchio Buddha, mentre si trovava nel tempio di Seiryō, nel Ken­koku, in occasione di un incontro con anziani lì convenuti da ogni parte. Il mio defunto Maestro fu, per essi, sia padrone di casa sia ospite; sedettero insieme in zazen. Molte persone erano lì radunate e parecchie di esse erano esperte nel tenere discorsi; il fatto che chie­dessero espressamente di Nyojō mostra quanto egli fosse altamente ri­spettato, in quel tem­po. Probabilmente l’esplorazione completa del mio defunto Mae­stro era di­versa da quella degli altri anziani. Erano due o trecento anni che nella grande Cina dei Sung non appariva un antico Buddha simile a lui.

La grande Via non ha porta.” In primavera, innume­revoli salici e ciliegi fioriscono ovunque, e gli strumenti a fiato e a corda ri­suonano di conti­nuo. Non c’è un altro modo per saltare al di là della porta senza porta col nostro intero corpo. Dobbia­mo balzare sulla te­sta dei Buddha e dei Pa­triarchi, e penetrare nella loro narice. Questo è il corretto modo di studiare. Co­loro che non si sono liberati, o che non sono pene­trati nella narice dei Bud­dha e dei Patriarchi, non possono essere chiamati veri studenti, né conseguire l’esplorazione completa. Si può scoprire l’essenza di quest’ultima solamente studiando il Mae­stro Gensha.

Il quarto Patriarca[14] si addestrò sotto il terzo Pa­triarca[15] per nove anni, e il Mae­stro Zen Nansen[16] studiò sul monte Nangaku, nel Chiyo, per trent’anni senza mai allon­tanarsene; Un­gan[17] e Dōgo [18] studiarono per più di qua­rant’anni sotto Yakusan. Essi rappresentano la vera esplorazione completa. Il secondo Patriarca Eka[19] si addestrò sotto Bodhidharma per otto anni, sul monte Suzan, e svi­scerò pelle, carne, ossa e mi­dollo della completa esplorazione.

Studiare estesamente è shikantaza, sedere con mente universa e la­sciar cadere corpo e mente; in questo modo possiamo trovare il nostro vero sé e realiz­zare la mente-di-Buddha.  L’intero corpo della completa esplorazione è l’intero corpo della grande Via. È libero, non im­pedito samādhi, ed è l’agire di un illuminato. Un simile studio e prassi è ininterrotta­mente trasmesso come un inestricabile viluppo di viticci e zucche. Questo è, fin dai tempi antichi, il fondamento di un dōjō[20] buddhistico. La vita dei Tathāgata[21] è un filo infinito che non è mai stato interrotto. Una zucca trasmette lo studiare estesamente ad un’altra. Anche un filo d’erba può donare l’esplorazione completa.

 

 

Questo fu trasmesso ad un’assemblea di mo­naci, il 27 no­vembre dell’anno 1243, nell’eremo di Hotori sullo Zenjihō.

Trascritto da Ejō, il 27 di­cembre dello stesso anno, nell’alloggio del disce­polo principale.



[1] Questo passo trae spunto dalla disputa tra Bodhi­dharma e il profano Shū-shō. Dopo che quest’ultimo ebbe am­messo la propria sconfitta, si narra che, da sotto i piedi di Bodhi­dharma, apparvero delle nuvole ed egli se ne andò, fluttuando nell’aria.

[2] Il Maestro Tōzan Ryōkai (807-869), nella linea di trasmissione del Maestro Yakusan Igen. [Tung-shan Liang-chieh]

[3] Il Maestro Gensha Shibi (835-907), un successore del Maestro Seppō Gison. Noto anche come Sōitsu Daishi. [Hsüan-sha Shih-pei]

[4] Il Maestro Seppō Gison (822-907), uno dei due successori del Maestro Tokusan Senkan. Shinkaku Zenji è il suo titolo postumo. [Hsüeh-feng I-ts’un]

[5] Il Maestro Nangaku Ejō (677-744), uno dei successori del Maestro Daikan Enō. [Nan-yüeh Huai-jang]

[6] Il Maestro Daikan Enō (638-713), successore del Maestro Daiman Kōnin. Spesso è chiamato semplicemente Sesto Patriarca o Sōkei, dal monte su cui dimorava. [Ta-chien Hui-neng]

[7] Lett. “Descrivere una cosa non coglie nel segno.”

[8] Un kalpa indica un tempo infinitamente lungo; rappresenta infatti un ciclo cosmico pari a circa trecentoventi milioni di anni. Vedi  Sūtra del Loto, pag. 60.

[9] Il mondo della discriminazione.

[10] Il Maestro Kinka Gutei (?), nella linea di trasmissione del Maestro Baso Dōitsu. [Chin-hua Chü-chih]

[11] Il Maestro Kōshū Tenryū (?), che era nella linea di trasmissione del Maestro Baso Dōitsu. Successore del Maestro Dai bai Hōjō (752-839). [Hang-chou T’ien-lung]

[12] Il Maestro Shibi (835-907).  [Hsüan-sha Shih-pei]

[13] Shasaburo era il nome secolare di Gensha.

[14] Il Maestro Dai-i Dōshin (580-651), successore del Maestro Kanchi Sōsan. [Ta-i Tao-hsin]

[15] Il Maestro Kanchi Sōsan (?-606), successore del Maestro Taiso Eka. Ha scritto lo Shinjinmei (Inno della Sincera Mente). [Chien-chih Seng-ts’an]

[16] Il Maestro Nansen Fugan (748-834), uno dei successori del Maestro Baso Dōitsu. [Nan-ch’üan P’u-yüan]

[17] Il Maestro Ungan Donjō (782-841), uno dei successori del Maestro Yakusan Igen. [Yün-yen T’an-sheng]

[18] Il Maestro Dōgo Enchi (769-835), nella linea di trasmissione del Maestro Yakusan Igen. [Tao-wu Yuan-chih]

[19] Il Maestro Taiso Eka (487-593), il successore del Maestro Bodhidharma. Noto anche come Jinkō Eka. [Shen-kuang Hui-k’o]

[20] Lett. “Luogo della Via”. Indica un luogo dedicato allo studio ed alla prassi.

[21] Lett. “Così arrivato”.